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Nell’articolo di questo mese conosceremo la sfida della conversione dell’audio e del video cinematografico per la trasmissione televisiva, evidenziando le difficoltà nella corretta intonazione delle voci, la gestione della dinamica e delle basse frequenze, e suggerendo soluzioni e considerazioni per ottimizzare l’esperienza di fruizione su schermi domestici.

come avere il cinema in casa

L’esperienza del cinema a casa

 

Di Simone Corelli

La conversione della velocità di scorrimento di un film nato per il cinema, e quindi normalmente a 24 fotogrammi al secondo, per poterlo trasmettere in tv in Europa, quindi a 25 fotogrammi al secondo (50 con i fotogrammi duplicati a due a due, in realtà), fino agli anni novanta era un’operazione effettuata brutalmente, senza correggere l’innalzamento di intonazione di circa due terzi di semitono che “paperinizzava” un poco le voci. L’effetto era chiaramente udibile per chi conoscesse le voci originali, o qualora fosse disponibile una comparazione rapida, mentre per il normale pubblico passava quasi inosservato, o quantomeno ad un livello di stranezza tollerabile, senza saltare sulla sedia. Va aggiunto che vi era anche una velocizzazione del film che lo portava a durare circa 4 minuti in meno, modificandone un poco il ritmo.

Per il pubblico statunitense e giapponese (quasi esattamente 60 Hz) era tutto più naturale dato il buon rapporto tra 24 e 60 (2/5) che permetteva di riadattare il video mantenendo la durata invariata, a meno di uno 0.1% gestibile con un semplice varispeed.

In seguito vennero introdotti apparecchi di correzione dell’intonazione, come il Time Scaler Dolby 585, che grazie ad un’operazione di frammentazione e ricomposizione “a fisarmonica” del suono riuscivano a riportare le voci al loro stato naturale, ma con qualche artefatto simile ad un debole scoppio di bollicine, udibile soprattutto sulle note lunghe delle musiche.

Oggi queste operazioni sono all’ordine del giorno e vengono effettuate con sistemi quali Pitch’n’Time della Serato, X-form di Avid, Timestretch di iZotope RX o altri ma nessuno è completamente soddisfacente: spesso le voci risultano leggermente gracchianti, la riverberazione talvolta è deformata, la qualità sonora dei dettagli può ridursi sensibilmente.

In realtà esiste una metodologia che garantisce un risultato pressoché perfetto, ma richiede tempo, che spesso nel workflow dei prodotti d’edizione non è permesso dai prezzi sui quali si è uniformato il mercato: si lavora con algoritmi di stretching specificatamente dedicati per voce, musica e materiale misto, e si ricompone poi il mix completo controllando minuziosamente il risultato.

Oggi, che i televisori supportano vari standard di velocità, per risolvere il problema alla radice, idealmente i broadcasters dovrebbero cambiare frame rate adattandosi di volta in volta al programma che stanno trasmettendo. Prima o poi succederà.

Un’altra operazione che in genere viene svolta per adattare l’audio cinematografico alla fruizione televisiva è quella di riduzione della dinamica. Attualmente i broadcasters, conoscendo i limiti enormi dei sistemi d’ascolto casalinghi medi, sconsigliano una dinamica con LRA (Loudness Range) superiore a 18 LU e tendono addirittura a vietare quella superiore a 20. In un certo tipo di film, molto espressivo, o d’azione, è facile essere al limite di questi valori e idealmente andrebbero “ripassati” dal fonico di mix originale per decidere dove e come ridurre i contrasti. Spesso basta trattare le scene più roboanti, riducendo di qualche dB soprattutto rumori e musica. In pratica un compressore ben regolato, non troppo aggressivo, tende a far rientrare il film nei suddetti limiti.

La questione dell’estensione sulle basse frequenze è forse la meno facile da risolvere: gli altoparlantini incorporati nei televisori medi di oggi difficilmente scendono sotto i 100 Hz! Dovremmo fare a meno per esempio dei contrabbassi, di quasi un’ottava di violoncelli e via dicendo, se vogliamo pensare agli strumenti orchestrali più frequentemente coinvolti nelle musiche per film? Nel mondo ideale, sì: le musiche che ne fanno uso andrebbero riscritte per strumenti più compatibili col mezzo televisivo, ma nella pratica non s’è mai fatto. L’orecchio fortunatamente interpola, immagina le fondamentali udendo gli armonici, e quindi seppure l’impatto emotivo subisca un drastico contraccolpo, la struttura musicale rimane abbastanza in piedi. Un trucco che aiuta la situazione è l’uso di sintetizzatori di bassi, che con meccanismi psicopercettivi, che sempre hanno a che fare con gli armonici, riescono a suggerire al nostro orecchio la presenza di note gravi che in realtà non riescono a raggiungerci.

Certamente l’ascolto in cuffia o il collegamento del tv al proprio impianto hifi, per chi ce l’ha, sono la soluzione migliore.

Abbiamo trascurato gli aspetti visivi: l’angolo di visione, in particolare, influisce pesantemente sul coinvolgimento dello spettatore, ma per chi produce i contenuti non c’è molto da fare per aiutare il prodotto nella sua fruizione televisiva. Chi è a casa può avvicinarsi allo schermo finché esso non copra circa due spanne tenute orizzontalmente di fronte a sè a braccia tese. Parliamo insomma di posizionarsi a circa due metri e mezzo scarsi con un tv da 65 pollici. Non è come stare al cinema, perché i nostri occhi nel mettere a fuoco a quella distanza e anche grazie al parallasse si rendono perfettamente conto che le dimensioni non sono le stesse, ma un po’ aiuta. Un’alternativa è quella di usare un visore di realtà virtuale, ma per avere una qualità ottica ed un tempo di refresh che non stanchino gli occhi bisogna puntare a modelli per ora un po’ troppo costosi, come l’annunciato Apple Vision Pro. Oppure si può provare con un videoproiettore: già da un’immagine di 85 pollici (meglio 100) la godibilità aumenta molto.

Se avete un impianto stereo, privo di canale centrale, e ascoltate in più persone, non sedute al centro, vi diamo un ultimo consiglio: puntate i diffusori acustici verso l’interno, anche esagerando ossia portando il punto d’incrocio a trovarsi tra voi e lo schermo; in questo modo (configurazione di Allison) chi non è al centro invece di sentire molto più forte il diffusore frontale a lui più vicino, subirà questo effetto in modo attenuato, perché andrà più in asse con il diffusore opposto, quello più lontano.

 

Un saluto dal CESMA