Quasi tutti i docenti del CESMA sono anche autori di testi importanti. Oggi “rubiamo” un argomento dal volume “Dialoghi, Musica, Effetti: il Suono nell’Audiovisivo” di Simone Corelli, Stefano Mainetti e Gilberto Martinelli, uno dei più importanti fonici italiani, edito da Lambda Edizioni.

Buona lettura!

Competizione tra realismo e interpretazione nella ripresa del suono sul set di un film

Mentre sulle potenzialità della presa diretta e le possibilità tecniche per poterla ottenere, i fonici sono generalmente concordi, non si trova la stessa unanimità sulla concezione che si ha nell’interpretare la realtà attraverso i suoni. Il più delle volte ciò succede per un condizionamento subito dal rapporto con gli autori, altre volte per l’influenza dei formatori nelle scuole in cui si sono preparati.

Quando la realtà, nel cinema, si insegue fino a tendere alla piena verosimiglianza si parla di approccio realistico, mentre se tende ad assecondare il linguaggio del film, e quindi a favorire lo spettacolo, si definisce un approccio interpretativo.

Come già detto in precedenza, esistono i cultori del realismo e quelli dell’interpretazione. I primi sono molto più numerosi nella cinematografia italiana; i più internazionali registi italiani, lo sono diventati quando hanno abbandonato il realismo e abbracciato una costruzione anche sonora idealizzata, favorendo cosi’ la magia onirica del cinema, finto nella forma per essere il più efficace possibile nel trasmettere senso ed emozioni.

 

L’approccio realistico richiede un uso prioritario del boom (microfono sull’asta), sempre che le condizioni sul set lo consentano, ed un approccio vincolato da parte del montaggio scena. L’approccio interpretativo richiede, al contrario, dialoghi malleabili, quindi molto puliti e presenti, ottenibili o con l’asta sui primi piani, opportunamente riadattata dal montaggio anche sulle altre inquadrature, oppure accontentandosi del suono dei radiomicrofoni. Qualsiasi sia la scelta, demandando gran parte del lavoro ai rumoristi e al messaggio: il suono viene sostanzialmente pensato e costruito in postproduzione.

 

Il lettore potrebbe chiedersi il perché questa importante differenziazione venga presentata con chiarezza solamente ora e non in apertura. La risposta è legata al risultato da ottenere, perché poche volte si riesce a rispettare questa visione; troppi sono i vincoli nella ripresa che potrebbero eludere un progetto prestabilito.

 

Immaginiamo infatti una ripresa eseguita con un’asta microfonica, e in posizione ottimale, senza l’uso dei radiomicrofoni. Otterremo di certo un suono limpido e con una riverberazione ambientale che rimane ottimale fin dove l’inquadratura è gestibile nei pressi della macchina da presa. Ma con l’allontanamento degli attori, se il microfonista non è in grado di seguirli senza entrare in campo, si perde quel rapporto indispensabile tra l’ambientazione e l’intelligibilità. Si raggiunge quindi un limite in cui è necessario un rinforzo per ridare comprensibilità al dialogo, con microfoni piazzati o più tipicamente con i radiomicrofoni, e questa intromissione mette in crisi la filosofia sonora introdotta all’inizio della sequenza.

Al di là della difficoltà pratica, questa situazione mette in luce soprattutto la sgradevole forzatura nel passare da un ascolto realistico ad uno solo funzionale. Il realismo sonoro è possibile solo se supportato dalla metodologia di ripresa dell’immagine e dal montaggio, altrimenti, seppure in condizioni ottimali questo tipo di suono sia molto coinvolgente e di supporto alla drammaturgia, è a rischio di disomogeneità.

 

Tuttavia, riprendere i dialoghi per favorirne un uso interpretativo non significa dover abbandonare la strada del realismo, ma considerarla applicabile finché le condizioni lo permettano.

A presto!

Simone Corelli, Stefano Mainetti, Gilberto Martinelli